Lo spirito non può sopravvivere senza dileguarsi senza il prana; è quindi nella morte che si evidenzia meglio il legame tra i due.
Difficilmente lo spirito perdura per più di due giorni senza prana o un recipiente; per questo nelle pratiche tibetane di trasmigrazione al momento della morte, i riti funebri sono basati sulla recitazione di un mantra e sull’uso di oggetti cari al neo defunto: il flusso del prana collettivo creato dal mantra crea un ambiente non dispersivo per l’essenza dello spirito che trasmigra e gli oggetti cari lo aiutano nell’orientarsi al momento del distacco dalle percezioni in vita.
Senza la concretezza creata dal prana infatti la consapevolezza e coscienza nello stato di puro spirito è molto confusionaria: le percezioni di tempo, spazio e degli oggetti sono alterate e si sovrappongono, facendo perdere il filo logico della realtà che circonda il neo morto.
La memoria stessa del neo defunto va sparendo: i ricordi spariscono in ordine inverso di importanza, prima i più concreti si trasformano in colorite macchie e poi i più importanti affettivamente fanno un ultimo bagliore e si spengono. Una lettura a riguardo è il libro tibetano dei morti indica molto bene il processo e dà le indicazioni da seguire al neo defunto per la scelta del nuovo essere in cui incarnarsi.
Per natura alcuni esseri, come i moon child, trasmigrano secondo una prassi specifica. I moon child traendo prana dalla Luna hanno più facilità nel trasmigrare e cercano di morire durante il plenilunio nel tentativo di rientrare in un bambino nato in quel momento o comunque nell’arco del tempo (circa due giorni) in cui riescono a sopravvivere senza corpo; per la loro natura timida e schiva il loro spirito tende a vagare per un bosco, di solito scelto in vita: questo è ben noto alle streghe e stregoni, che vanno a caccia degli spiriti dei moon child in trasmigrazione per vincolarli nel corpo di animali, come gatti e gufi; non avendo una forte volontà gli spiriti moon child sono facile preda.