Legame tra Spirito e Prana nella morte

Lo spirito non può sopravvivere senza dileguarsi senza il prana; è quindi nella morte che si evidenzia meglio il legame tra i due.

Difficilmente lo spirito perdura per più di due giorni senza prana o un recipiente; per questo nelle pratiche tibetane di trasmigrazione al momento della morte, i riti funebri sono basati sulla recitazione di un mantra e sull’uso di oggetti cari al neo defunto: il flusso del prana collettivo creato dal mantra crea un ambiente non dispersivo per l’essenza dello spirito che trasmigra e gli oggetti cari lo aiutano nell’orientarsi al momento del distacco dalle percezioni in vita.

Senza la concretezza creata dal prana infatti la consapevolezza e coscienza nello stato di puro spirito è molto confusionaria: le percezioni di tempo, spazio e degli oggetti sono alterate e si sovrappongono, facendo perdere il filo logico della realtà che circonda il neo morto.

La memoria stessa del neo defunto va sparendo: i ricordi spariscono in ordine inverso di importanza, prima i più concreti si trasformano in colorite macchie e poi i più importanti affettivamente fanno un ultimo bagliore e si spengono. Una lettura a riguardo è il libro tibetano dei morti indica molto bene il processo e dà le indicazioni da seguire al neo defunto per la scelta del nuovo essere in cui incarnarsi.

Per natura alcuni esseri, come i moon child, trasmigrano secondo una prassi specifica. I moon child traendo prana dalla Luna hanno più facilità nel trasmigrare e cercano di morire durante il plenilunio nel tentativo di rientrare in un bambino nato in quel momento o comunque nell’arco del tempo (circa due giorni) in cui riescono a sopravvivere senza corpo; per la loro natura timida e schiva il loro spirito tende a vagare per un bosco, di solito scelto in vita: questo è ben noto alle streghe e stregoni, che vanno a caccia degli spiriti dei moon child in trasmigrazione per vincolarli nel corpo di animali, come gatti e gufi; non avendo una forte volontà gli spiriti moon child sono facile preda.

La realtà dello Spirito

Quanto è reale ciò che è immateriale?

Percezioni, sensazioni, emozioni, sentimenti, legami affettivi sono concreti più della materia fisica.

Se colpiamo uno spigolo col ginocchio avvertiamo con urgenza il dolore e nessuno mette in dubbio la sua realtà o la sua importanza, ma spesso un sentimento o un legame affettivo non viene considerato con la stessa importanza.

ho colpito il ginocchio!

Eppure il mondo è plasmato ogni secondo dai desideri, dalla volontà degli uomini. E sono le percezioni, le emozioni, i sentimenti, i legami, i valori che dirigono i nostri desideri e le nostre volontà. In minima parte lo spigolo in cui abbiamo battuto il ginocchio è importante nella nostra vita.

E’ facile e la psicologia lo sa bene, arrivare alla conclusione che la nostra essenza è spirito e il nostro manifestarci passa attraverso quello che la filosofia indiana chiama prana.

E’ facile e il mondo social di oggi lo mostra bene, constatare quanto esista uno spirito comune.

Eppure si parla poco e con riverenza o diffidenza di Spirito. A scuola non viene insegnato come controllare il prana, nè come differenziare un emozione dall’altra o “vedere” un legame affettivo.

Spero che gli articoli di questo blog possano essere utili a chi è interessato allo Spirito, al prana e dintorni; se non altro sarà una mia memoria storica di quello che ho imparato nel corso della mia vita a riguardo.

Prana, Spirito, Natura

Il miglior modo di conoscere il prana è lo yoga.

In occidente è diffuso l’hatha yoga che usa le posizioni del corpo, unito al respiro, per concentrare e spostare il prana: il praticare le asana (posizioni del hatha yoga) con costanza permette alla coscienza di prendere consapevolezza di come il prana si sposti nelle membra del corpo. All’origine l’hatha yoga era lo strumento per pacificare col prana i problemi del corpo.

Si trova in giro anche il nada yoga, o yoga dei suoni, che fa uso dei suoni base e poi dei mantra per muovere il prana.

Secondo lo yoga le pratiche per manipolare e spostare il prana sono sette, quanti i chakra: a questo link si trova una buona illustrazione

La pratica madre e base di tutti gli yoga, per imparare a muovere il prana è la manipolazione del respiro (pranayama): l’imparare a spostare il prana col respiro permette alla consapevolezza di controllarlo, cioè allo spirito di gestire il prana con coscienza e volontà.

La cultura orientale ha fatto una scienza del prana e dello spirito, ma è manchevole della storia e conoscenza che in occidente abbiamo accumulato, in modo spesso folkloristico e disorganizzato, sulla diversa natura degli esseri viventi e sui loro rapporti; nel nostro retaggio culturale sono abbastanza vivi e chiari i fantasmi, le streghe, i vampiri, ecc e come questi si inseriscono e interagiscono nel nostro quotidiano.

E’ necessario distinguere la natura di un essere vivente dal carattere, dalla personalità e dalla cultura: in questa accezione la natura è l’istinto che porta l’individuo a sentire un complesso ben definito di desideri primari e lo guida ad un comportamento ben definito. Negli animali come i cani è molto chiara: se lanciate una pallina da tennis ad un labrador la sua natura è di corrergli dietro – ci può far poco.

Così è nella natura di una strega andare per boschi a raccogliere piante e lavorarle per manipolare il prana, come nella natura di un vampiro assorbire il prana di un altro essere vivente in buona salute. Gli fa star bene, è quello che il loro essere si aspetta che facciano ed è ciò che l’istinto li spinge a fare.